Una collezione di racconti realizzata in collaborazione con l’associazione letteraria Il Carro delle Muse, ambientati nel cuore delle Dolomiti.
Anacleta e la lince Fiamma (parte 2)
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Frate Crispino stava affrontando l’ultima piccola salita mentre la cuoca sgusciava una manciata di magnifici pinoli trovati nel pomeriggio, durante la sua ricerca nel bosco di cirmoli. Lui si era recato prima dal Priore per fargli vedere cosa aveva portato a casa e soprattutto il dolce che aveva avuto in regalo e fatto dal panettiere per il loro convento, poi si diresse verso la cucina sorridendo e subito tirò fuori dalle bisacce un mucchio di verdure, chiamò Anacleta che, ancora scioccata dall’incontro con la lince, si affrettò verso di lui, ansiosa di raccontargli la sua avventura.
Restò a bocca aperta vedendo tutto quel ben di Dio e, balbettando, ridendo e piangendo allo stesso tempo, esclamò: “Oh, santo cielo, allora è vero… la lince… i miracoli… lo sapevo, lo sapevo! Oh… oh…oh…”.
Frate Crispino pensò che la donna stesse male: “Che cosa vi succede Anacleta, avete la febbre?” Domandò premuroso. “Oddio, oddio… quanta roba! Ma… da dove arriva?” Continuava lei, senza saper dire niente di più. Il frate inumidì uno strofinaccio e lo passò sulla fronte della cuoca, che gesticolava nello sforzo di spiegarsi e, contemporaneamente, liberarsi da quello zelante intervento troppo… umido. Dopo qualche minuto, infine, Anacleta seduta sulla panca in cui riponevano la legna e, tra il riso e il pianto, incominciò a raccontare quanto era successo con la lince. Attribuì a quella visione l’abbondante offerta per la questua, intervallando il suo racconto con giaculatorie e segni della croce.
“Non finisce qui…” Disse intanto il fraticello alla donna, che alzò lo sguardo in tono interrogativo. “Che altro c’è?” Chiese. Il frate aprì un bel pacchetto ben confezionato e tirò fuori un vassoio che conteneva degli strudel di mele dal profumo incredibile. Anacleta guardò fra’ Crispino come a chiedere spiegazioni per quella bella sorpresa e l’altro rispose che il fornaio aveva pensato di offrirli al convento per gustarli nelle prossime feste. Gliene aveva dato una fetta da assaggiare quando era andato lì per la questua e, vedendo che era quasi andato in estasi per la delizia di quel dolce, gli aveva detto di ripassare due ore dopo: ne avrebbe preparato alcuni proprio per la loro comunità. Ecco perché aveva tardato… ma ora il Priore, tutti i frati e la stessa cuoca, potevano gustare quello strudel fatto esattamente come si usava tanti anni prima…
“Dovevate chiedere la ricetta!” Esclamò lei, appena ebbe assaggiato il primo delizioso boccone.
“Sapevo che mi avreste detto così Anacleta, infatti, gliela ho chiesta… ma il fornaio ha risposto che non poteva farlo, perché quella era la specialità della loro pasticceria: risaliva addirittura ai turchi, era arrivata poi in Ungheria, infine in Austria, diverse generazioni prima!”
“Peccato… perché le antiche ricette sono più buone, digeribili, semplici… il padre priore stesso ha detto che non ne aveva mai mangiato uno così gustoso!”.
La cuoca ogni giorno, aprendo le porte, cercava Fiamma con lo sguardo, ma quella benedetta bestia sembrava svanita in un sogno. Tutti gli altri animaletti arrivavano a frotte… ma la bellissima e austera lince somigliava sempre più a un’apparizione magica, più rara dell’Araba Fenice!
Anacleta si era ormai rassegnata: sapeva che aveva avuto un grande e incredibile privilegio vedendo quel gattone mitico, quasi soprannaturale! Ogni giorno, tuttavia, appena si alzava correva verso la porta, l’apriva di scatto per vedere se per caso fosse arrivata… niente!
Una sera, però, durante il tramonto, su uno sfondo di luce che lanciava sprazzi arancioni uscendo dalle nuvole bordate d’oro… eccola lì, Fiamma, che avanzava verso lei, lentamente, solenne, con il suo passo regale.
Si avvicinò e la guardò fisso negli occhi. Lo sguardo di Anacleta si perse in quel verde… provò la sensazione di poter volare, udiva musica attorno, tutto era leggero, trasparente…
Anacleta si accucciò e, avvicinando la mano delicata, accarezzò quel pelo morbido e soffice. La lince mostrava di gradire quelle coccole e lei capì che, se le avesse parlato, quella lince avrebbe capito.
Così spiegò a Fiamma che bisognava aiutare i fraticelli del convento: vivevano in un posto isolato e scosceso, dov’era difficile piantare alberi o verdure, la gente era diventata più parsimoniosa e pochi negozianti regalavano loro qualcosa e poi… e poi… lei non voleva lamentarsi di nulla…
Beh… in realtà, qualche volta faceva presente al Padreterno le cose che le sembrava non andassero nel verso giusto… no, non era per criticare! Infine… lei desiderava tanto avere la ricetta di quel meraviglioso strudel!
Fiamma aveva attaccato il suo ron-ròn di soddisfazione, Anacleta la fissava e vide che aveva un foglio di carta sotto la zampina. Si chinò a prenderlo, si rialzò… giusto in tempo per vedere ondeggiare la punta nera di quella piccola coda che si allontanava in direzione del tramonto.
“Fiammaaaa! Aspetta! resta con noi… non andar via!” Gridò Anacleta.
La sagoma della lince ora si stagliava sulle ultime striature rosse e nere del cielo e attorno si accendevano le prime stelle…
Anacleta era felice e rattristata nello stesso tempo.
“Che bella esperienza… grazie Signore!” Disse sottovoce.
Poi, ricordandosi del bigliettino luccicante, lo aprì. I caratteri scintillavano: era una delle più antiche ricette dello strudel!
Loredana Reppucci
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